Prima era un deserto lunare, una polverosa cava di ghiaia da cui uscivano file di camion. Oggi è una delle zone umide artificiali più importanti (e più grandi) dell'Italia settentrionale, meta di molti visitatori, anche stranieri, e di scolaresche.
Far esplodere la biodiversità in un deserto è stato un duro lavoro per il parco. Sponde e scarpate con pendenze e profondità diverse; isole, penisole e isolotti… "La natura farà il suo corso", si suol dire, ma in questo caso il parco ci ha messo del suo: cospicui interventi sulla vegetazione, la messa a dimora di semi di piante acquatiche rare, e altri interventi hanno ben accelerato il "corso della natura".
E non solo: essendo l'avifauna l'elemento più visibile dell'area, non si contano gli interventi a favore degli uccelli, come la posa di pali sporgenti dall'acqua (posatoi) la creazione di isole galleggianti. Queste ultime molto gradite, per la nidificazione, dalle sterne, simbolo del Parco del Taro.
Mettere la natura, nei dovuti modi, a disposizione del pubblico, è uno degli obiettivi dei parchi. Ed ecco, a completare il lavoro, le strutture per il pubblico: un ampio sentiero pedonale, con indicazioni botaniche; un capanno protetto per l'osservazione ravvicinata degli uccelli, una torre osservatorio che accoglie una decina di persone, e un'aula didattica all'aperto dove le classi possono effettuare laboratori didattici.
L'ingresso è situato presso via Varra Inferiore (Collecchio) (PR).
L'area, ottima palestra per il birdwatching, ospita moltissime specie: sterne, aironi, anatre di superficie e di profondità, rapaci, limicoli e molto altro. L'ambiente è in parte rappresentato da canneti e da boschetti di salici e ontani. Al di sotto dell'argine, l'ampia rete di canali alternati ad aree parzialmente inondate ha favorito la crescita e la diffusione di piante acquatiche come tife, giunchi e carici: un ambiente speciale sia per la riproduzione degli anfibi, sia per il rifugio di aironi e rallidi.
Le Chiesuole è in parte accessibile anche a persone con disabilità motorie perchè dall'entrata pedonale al capanno di osservazione in riva al laghetto la superficie del sentiero è stata realizzata con calcestre (ghiaino stabilizzato) e ai lati sono presenti fossi di scolo per permettere a tutti una passeggiata nella natura.
L'ex cava è stata data in gestione, dal Comune di Collecchio, al Parco del Taro (ora incluso ne "I Parchi del Ducato").